La fragile infanzia

La condizione infantile ha in sé una fragilità che mi commuove e mi fa sentire come un peso nel cuore. Troppe volte celebrata come l’età dell’oro della nostra vita, viene freddo lungo la schiena a pensare che, se è stata più o meno felice, è dovuto solo a pura fortuna. Chi lo decide infatti quali saranno gli adulti a cui saremo affidati e quali errori commetteranno sulle nostre piccole spalle? Assenti o soffocanti, rigidi educatori o lassisti, adulti frustrati dalla vita che vedranno in noi il loro riscatto o sacerdoti devoti del dio-bambino che ci faranno sentire padroni del mondo (rimandando alla condizione adulta la scoperta della verità, e cioè che non lo siamo affatto).

Vedo bambini vezzeggiati, coccolati, amati, rimproverati, colpevolizzati. Il confine è sempre labile: dipende da quanto l’adulto è stanco, da che giornata lavorativa ha avuto, se si esce o si sta in casa. Se si hanno i soldi per sbarcare il lunario, dipende da quanto si è soli o se la famiglia è unita. Dipende, SEMPRE, se mamma e papà si vogliono bene.

Si dice che i bambini siano esseri inconsapevoli e se riescono ad adattarsi alla  caotica vita dei grandi dipende, forse, dalla loro capacità di essere elastici, di adattarsi al mondo che hanno intorno, al modo che hanno di farsi andare bene le cose. Che poi, se le cose sono andate bene o male, lo si scopre solo dopo, quando, una volta cresciuti, si ripensa a se stessi bambini. Echi lontani, che poi tanto lontani non sono, di parole, gesti sguardi che si ripropongono alla nostra mente e ci fanno sentire come allora, o al sicuro o in pericolo. E ci spingono nuovamente ad assumere comportamenti ormai collaudati per una sicura sopravvivenza: il bravo bambino, il menefreghista. Chi lo dice che l’egoismo dei figli non sia una tecnica di sopravvivenza esattamente come tutte quelle che la natura ha inventato per la prosecuzione delle specie animali? Magari l’essere blanditi equivale all’essere rimproverati, magari raramente i bambini vengono visti come realmente sono, magari loro sanno bene chi sono oppure no, troppo confusi da gesti e parole adulte, e allora passeranno la vita a ricercare il bandolo della matassa.

I bambini vengono catapultati al mondo e quanta fortuna ci vuole per vivere una buona vita? Almeno la piccola zebra o il cagnolino non hanno ancora aperto gli occhi ma sanno cosa devono fare, sono tutto istinto. Nella nostra società di istintivo è rimasto ben poco: facile capire la difficoltà di aprire gli occhi ed orientarsi senza indicazioni alcune.  Si cerca protezione in quelle braccia che ci avvolgono, negli occhi che ci guardano, nelle parole che vengono dette. Se solo ci si ferma a pensare a che importanza ha tutto ciò il peso si fa quasi insostenibile: il valore di una vita che ci viene affidata perché non vada sciupata. Come si fa a farlo al meglio?

J.

 

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