Mamma e figlia

RINASCERE
“Bè, certo che si sentiva diversa. Ogni giorno si sentiva diversa da quello precedente.C’era qualcuno rannicchiato sotto le sue costole, che si muoveva e si agitava, crescendo”.
Certo, che sono diversa. Ho quarant’anni di vita alle spalle e anche se, in questa società, l’essere adulti non conta (o sei giovane o sei vecchio e l’età adulta non è contemplata neanche a sessant’anni) un pezzo di strada l’ho fatta anche io. A modo mio.
Sono stata una lavoratrice, sono moglie e madre e quando sei madre decisamente qualcosa cambia. Io sono sempre io e anche madre e a chi mi dice “non ti riconosco più” risponderei “Per fortuna. Vuol dire che ho vissuto”.

LOTTA
“Forse Doll era la donna più sola del mondo, e lei la bambina più sola del mondo, ed eccole là, loro due insieme che si scaldavano l’un l’altra sotto la pioggia”.
Anche noi ci siamo scaldate l’un l’altra figlia mia. Non ne conserverai il ricordo, se non una sensazione atavica di odore e calore, ma lo abbiamo fatto. Quando tra le quattro mura domestiche e per strada, e di notte, soprattutto di notte, mi sono sentita sola al mondo. E c’eri tu che reclamavi cibo e attenzioni, cure e affetto fino all’ultima goccia. Mi sono aggrappata a te e tu a me perché non potevi fare altrimenti e nel tuo bisogno ritrovavo sempre un po’ di forza. Andiamo avanti, ti dicevo, ancora un pochino.

DOVE ANDARE?
“La luna la fissava dritto in faccia, e dal bosco arrivavano dei rumori, ma si era quasi addormentata quando Doll arrivò su per il viottolo e la trovò in quello stato pietoso che più pietoso non si poteva, la prese in braccio avvolgendola nel suo scialle e disse: – Allora, non abbiamo nessun posto dove andare. Dove andiamo?”.
C’erano bei pomeriggi di sole nel quale vagabondavamo per la città o in qualche parco. Avevo sonno ma camminavo,come se camminassi nel sonno.Tu eri tranquilla e dormivi e questo solo contava.

CURA
“La cullò e la imboccò per  tutta la notte, appisolandosi con la guancia contro la sua fronte calda”.
Una volta mi sono svegliata in una stanza buia. Dormivo profondamente ma un rumore improvviso mi aveva fatto svegliare di soprassalto:non ricordavo dove io fossi.Perché sono al buio, sola? Poi ti ho sentito che piangevi vicino a me e avevi fame.

PERDONO
Allora la bambina si era alzata lasciandosi abbracciare e guidare lungo il sentiero. Il predicatore aveva detto: – La coperta può tenerla.
E Doll : – Mi prendo cura io di lei. Non le manca niente.
Lila era decisa a non piangere. Vedeva la sofferenza e la compassione e il rimorso di Doll e provava un senso d’orgoglio tanto più amaro e solitario, perché riusciva a vedere tutto questo senza perdonarla né piangere.
Mi prendo cura io di te, figlia mia. Sei nata da poco ma abbiamo già un nostro passato. Ti ricordi di quella volta che ti ho gonfiato una piccola piscina in salotto? Faceva caldo e tu sguazzavi e bagnavi ovunque ed eri felice. Se non lo eri piangevi. Hai sempre pianto tanto: per fame o stizza, stanchezza o noia. Avrai avuto compassione di me quando ti ho rimproverato urlando e dicendo che eri un incubo?

VITA
“Ti tenevo sotto il cappotto, e riuscivo a vedere che sbirciavi fuori. Eri là, proprio sopra il mio cuore, stretto in uno scialle che ci avvolgeva entrambi”.
Aspettavo che ci venissero a prendere dall’ospedale: era ormai sera e faceva freddo. Ti sei messa a piangere e io non sapevo cosa fare. Ti ho avvolto nel mio piumino e tenuta stretta sul mio seno. Avevo freddo ma tu eri calma. Sentivo il tuo profumo. E allora che ho capito che nella vita avrei sempre potuto aver freddo e fame e sonno per te.

 

(tutte le citazioni sono di “Lila”, Marilynne Robinson)

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