Caccapupù

Questo pomeriggio sono entrata nell’androne di un bellissimo palazzo storico per cambiare il panno pieno di cacca di mia figlia. Quel palazzo lo conosco bene, ci ho lavorato per anni, ed essendo vicino al luogo del misfatto escatologico di cui sopra, l’ho preso subito in considerazione quale posto ideale per un rapido cambio di panno.
In effetti, ripensandoci, non mi è parsa una mera coincidenza trovarsi lì ma la conclusione di un cerchio.
Se fossi in fase positiva direi che, in faccia ad un lavoro che mi ha reso schiava e impoverito, umanamente e finanziariamente, quello stesso androne che mi vedeva entrare come uno zombie carica di faldoni, oggi mi ha visto rinascere nel ruolo di MADRE, curva ad accudire la sua creatura.
In fase negativa direi che sempre di cacca si tratta e non ne esco!
“Mai taccia la tua luce. Mai taccia la tua voce”, come detto nel post precedente. Io oggi non mi sento e non mi vedo.
L’episodio raccontato è stato solo un pretesto che mi ha indotto a tuffarmi nel mare nero del pessimismo e della frustrazione. Domani risorgerò dalle ceneri ma oggi no, sono ancorata al fondo.
Mi specchio e non mi vedo, sono persa nei bilanci dell’età ( 40 anni) che ora mi sembrano tanti ma che l’anno prossimo, o tra due, tre, quattro anni, mi sembreranno pochissimi. E mi strapperò i capelli all’idea di essermi fatta scippare la gioia di vivere da questi pensieri,invece che vivere, con leggerezza, quella età.
Ho perso lo smalto, lo scatto, quella tensione positiva del vivere. Il buttarmi nella mischia per ottenere ciò che si vuole. L’animale è chiuso in gabbia, nella sua gabbia mentale, e il pelo ingrigisce.
Non ho un progetto, una passione che mi salvi, la ghianda di Hillman non mi parla.
Invidio persino la frustrazione di chi non raggiunge l’obiettivo prefissato, perchè almeno ne ha uno.
Io ciondolo tra mille idee, nebulose, indefinite. Mi piacerebbe definirmi un genio sprecato ma di geniale, in questo mio vivere, non trovo niente e questo continuo mio lamentio è la prova evidente della mia mediocrità.
J.

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